Introduzione alla creazione di impresa: i nuovi paradigmi manageriali del non profit spiegati a tutti

25-26 Ottobre 2019 Federico Spazzoli

Introduzione

Il presente documento vuole essere un'ulteriore riflessione rispetto al lavoro svolto con i partecipanti del Master nella prima sessione, in relazione ai casi discussi, alle
esercitazioni, alle nozioni fornite, in modo da introdurre e delineare il quadro di
riferimento e rafforzare alcuni concetti dibattuti.

Imprese sociali, imprese sociali di seconda generazione, imprese socialmente innovative: un quadro di riferimento

Se per impresa sociale definiamo “quelle che esercitano in via stabile e principale una o più attività d'impresa di interesse generale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale” e quindi possiamo ricomprendere genericamente tutto il cosiddetto terzo settore, la situazione cambia quando proviamo a definire le imprese sociali di seconda generazione.
Non esiste infatti una definizione univoca di imprese di questo tipo, se non una prassi scientifica consolidata che attribuisce alle medesime la caratteristica di “prevalentemente a mercato”, quindi realtà che producono beni e servizi che poi vengono proposti e venduti sul mercato, limitando sempre di più quindi le tipiche forme di ricavo delle imprese sociali, le convenzioni con l'ente pubblico e le attività di raccolta fondi.

Ancora più difficile la definizione di imprese socialmente innovative, dato che questo prototipo di business non esiste nel nostro paese se non sotto forma delle poche B Corporation, di stretta derivazione anglosassone.
In quest'ultimo caso, potremmo definire le imprese socialmente innovative come quelle che:

a) misurano l'impatto che hanno sul territorio come ad esempio con la metodologia SROI;

b) riescono a determinare una sostenibilità economico-finanziaria nel medio-lungo periodo, diversificando le fonti di ricavo, riducendo i costi, creando soprattutto economie di scala “circolari” con la messa a fattore comune con altre realtà del territorio e non dei fattori produttivi;

c) sono replicabili e quindi possono essere realizzate in contesti socio economici diversi e non necessariamente nello stesso ambito operativo e/o progettuale;

d) producono una chiara ricaduta economica sul territorio di riferimento, in relazione a occupazione, riqualificazione/rigenerazione anche urbana, creazione di un modello di business solido, replicabile e innovativo.

Le imprese sociali di seconda generazione e le imprese socialmente innovative in Sicilia

La Sicilia è certamente una terra molto florida in questo ambito: vi sono innumerevoli esperienze di imprese sociali tradizionale che producono un alto numero di beni relazionali e in qualche caso anche di servizi e prodotti parzialmente a mercato.
Sono invece molto rare le imprese sociali che stanno puramente ed esclusivamente a mercato, ovvero quelle che non basano praticamente la propria attività su convenzioni pubbliche ma che vendono a mercato i propri servizi e prodotti, diventando di fatto realtà simili alle tradizionali imprese for profit.
Non si conoscono invece imprese socialmente innovative di derivazione non profit, ovvero imprese sociali di prima e seconda generazione che abbiano intrapreso percorsi virtuosi di misurazione, generazione di impatto e di replicabilità sia all'interno del territorio siciliano che in altre regioni italiane

I casi di impresa sociale di seconda generazione di successo in Sicilia

Quali realtà nel territorio siciliano sono più simili alle imprese sociali di seconda generazione?
Certamente Addiopizzo travel di Palermo e la Quetzal di Modica.
Queste due cooperative sociali si distinguono infatti per l'erogazione di servizi turistici e produzione di cioccolato e attività commerciale legata al commercio equo e solidale a “mercato”.
Il termine mercato sta a indicare che tali realtà vendono i propri servizi e prodotti a clienti ordinari, si tratti di consumatori di cioccolato che acquistano i loro ottimi prodotti nel circuito nazionale delle botteghe del commercio equo, piuttosto che turisti singoli o in gruppi o scuole di tutta Italia che vengono in Sicilia e partecipano ai tour organizzati dagli animatori e dalle guide turistiche di Addiopizzo travel.
Inoltre queste due belle realtà siciliane rappresentano un caso di studio per Università italiane e straniere, ultimo il caso della business school dell'Università di Barcellona che ha invitato più volte i dirigenti di Addiopizzo travel per una lezione e testimonianza sulla propria attività, ricercatori e studenti universitari.

Entrambe le realtà hanno avuto nel corso degli anni importanti riconoscimenti in Italia e all'estero in relazione alla loro attività, vincendo premi e ottenendo menzioni d'onore.
Infine sono decine le riviste divulgative e scientifiche che hanno intervistato e analizzato il caso di studio delle attività di Addiopizzo travel e Quetzal.

L'impresa sociale e socialmente innovativa: la genesi di un processo creativo reale e concreto

Cosa determina la nascita di un'impresa sociale? Vi è una via alternativa ai modelli proposti dal mondo aziendale tradizionale rispetto alla creazione di impresa sociale e socialmente innovativa?
In generale possiamo dire che il lavoro propedeutico per costituire e rendere operative le nuove imprese sia o dovrebbe essere comune a tutte le forme organizzative, siano queste for profit, non profit o low profit.
Riassumendo si realizzano le nuove imprese, e quelle tradizionali, con:

1. visione, ovvero gli obiettivi che si intendono raggiungere nel medio-lungo periodo rispetto alla propria azione; la visione rispecchia gli ideali, gli obiettivi endogeni ed esogeni della propria azione, lo scopo dell'azione di creazione di azienda. Nelle organizzazioni socialmente innovative e nelle imprese sociali, la visione è spesso condivisa da un gruppo dirigente ampio e articolato e mai lasciata al singolo.
Questo rafforza una visione collettiva del lavoro attuale e prospettico e rafforza i vincoli di appartenenza al soggetto imprenditoriale;

2. competenze, che potremmo definire come la capacità dei singoli membri di un consenso organizzativo di fornire esperienze, pratiche, metodologie idonee alla pianificazione strategica di ogni azione nella fase di avvio e progettazione di impresa.
In questo ambito sia le organizzazioni for profit che le imprese sociali non sempre riescono a costituire ambiti interni di competenze per la redazione ad esempio del business plan che rispecchia al meglio, o dovrebbe farlo, il piano di lavoro nel medio periodo.
In alcuni infatti si “parte” senza aver fatto un lavoro preliminare, come appunto quello del business planning, che servirebbe a rendere prevedibili alcuni scenari dell'organizzazione, anticipare eventi aziendali favorevoli ma anche negativi e a consolidare il contesto organizzativo.

3. definizione degli obiettivi minimi del lavoro, MVP nella terminologia anglosassone, ovvero Minimum viable product, quindi, mutuando il termine dalla tecnica digitale, il risultato minimo da raggiungere attraverso le prime fasi di rilascio del prodotto, servizio progetto.
Questo permette, in una fase di avvio di impresa, di testare i prodotti/servizi
rilasciati e di calibrare ad esempio la comunicazione aziendale, il marketing
strategico e operativo e gli altri processi aziendali in relazione alla risposta dei clienti, dei consumatori, degli utenti.

4. preparazione delle fasi di prototipo di business e di pilota, ovvero la
predisposizione di un prodotto che, dopo uno studio attento delle condizioni di mercato date, possa costituire un modello di business (prototipo) e che possa, il prodotto stesso, essere rilasciato nel mercato attraverso un canale distributivo e comunicato a secondo del modello di business (pilota);

5. verifica dei primi risultati raggiunti; un momento sostanziale di verifica rispetto al business plan e agli MVP che è necessaria soprattutto nelle aziende e organizzazioni appena partite e che evidenzia la rispondenza tra prodotto/servizio proposto, interesse del pubblico anche sotto forma di
partnership, prodotto realmente venduto, azioni di comunicazione in relazione alla presentazione del progetto e dei singoli prodotti.

Le azioni sopra enunciate sono quindi propedeutiche e da realizzare ex post all'interno di un quadro operativo e economico-finanziario ben determinato e misurabile per le organizzazioni socialmente innovative e le imprese sociali che intendono misurarsi con percorsi reali e sperimentati di costituzione di impresa. L'esperienza e la pratica dicono però che sono pochissime le realtà che intraprendono percorsi di questo tipo, trascurando in modo essenziale elementi di pianificazione e progettazione che sono ormai determinanti anche per comprendere appieno il “successo” e la coerenza di ogni impresa.

Value proposition: come muoversi per creare valore sul territorio

Se quelle che abbiamo descritto sopra sono gli elementi cruciali per creare nuova impresa, la value proposition rappresenta la parte più strategica che emerge, in contesti tradizionali ma dovrebbe essere lo stesso per le imprese sociali e socialmente innovative, dal lavoro di una “community” di dipendenti, funzionari e consulenti esterni che guidano l'intero processo di analisi e creativo.
Con la value proposition si va a individuare una modalità di rilascio di un prodotto che possa essere percepito come a mercato, con un valore riconosciuto dai clienti e una modalità di comunicazione efficace, rendendo quindi “appetibile” il prodotto stesso e differenziandolo nettamente da altri simili presenti nell'ecosistema regionale, nazionale e internazionale.

E' bene prestare molta attenzione al processo che porta alla determinazione della value proposition poiché una discussione ampia, condivisa e scientificamente e tecnicamente appropriata può determinare il successo o l'insuccesso di un prodotto/servizio offerto.

L'analisi del contesto territoriale, i portatori di interessi, la condizione socio economica locale e molto altro, sono alla base di tale azione che può determinare, in taluni casi, anche situazioni di monopolio reale o sostanziale con inevitabili ricadute sull'intera filiera produttiva e sociale.

Innovazione di prodotto o di processo?

La creatività che contraddistingue le imprese sociali di prima e seconda generazione, si è recentemente trasformata in modo prevalente in innovazione.
L'innovazione sembra ormai essere l'argomento di discussione e di “teoria” più usato da quanti, spesso impropriamente, utilizzano questo sostantivo per esporre novità nei processi aziendali, prodotti o processi non sempre realmente innovativi.
Cosa intendiamo per innovazione? Esiste un'innovazione sviluppata nelle imprese sociali che può essere utilizzata anche in contesti tipicamente for profit?
Nella ricerca che Community Centro Studi ha condotto tra il 2011 e il 2013 dal titolo “Le leve strategiche del management aziendale: un confronto tra modelli di gestione e sviluppo del personale del for profit e del non profit” su un campione di circa 30 aziende nazionali e multinazionali con una chiara divisione merceologica e territoriale e con l'introduzione del Prof. Carlo De Pietro della SDA Bocconi, dalle interviste qualitative a dirigenti, quadri, responsabili di direzioni centrali, amministratori delegati e VP, emerge con chiarezza che le ONP sono molto attive nell'innovazione di processo.
Tipicamente l'innovazione di processo, a differenza di quella di prodotto che caratterizza le imprese for profit, si sviluppa proprio in relazione alle modalità spesso “creative” delle più virtuose imprese sociali e ONP che realizzano facilmente modelli condivisi di co- gestione, partecipazione e sviluppo delle proprie attività.
Tutto questo non solo ha una valenza economica nella creazione di “economie di scala” tra soggetti senza scopo di lucro che operano nello stesso segmento di mercato ma anche in altri paralleli e affini, ma inevitabilmente genera un forte impatto sul territorio, creando buone pratiche che sono poi riconosciute anche appunto dalle tradizionali for profit.
Si può quindi affermare che l'innovazione di processo sia stata spesso generata in contesti non profit che quasi sempre affrontano i processi interni e esterni di sviluppo senza grandi mezzi, senza il “budget” che contraddistingue invece ogni azione nelle aziende tradizionali, mentre l'innovazione di prodotto sia maggiormente presente nel segmento for profit che continuamente deve invece modificare, arricchire, sostenere e cambiare i propri prodotti in relazione alle dinamiche di mercato.

La leadership diffusa, la motivazione e il ruolo delle imprese sociali

I modelli di leadership determinano sempre di più il successo e lo sviluppo di un'impresa, sociale e non, poiché in una situazione di post terziario, soprattutto nel Nord del paese ma anche in altre aree del Sud e in Sicilia, i modelli di conduzione e gestione delle persone realizzati dai dirigenti, rivestono un ruolo determinante nel successo o meno di un'azienda.
Se i modelli di leadership, analizzati e studiati dalla letteratura internazionale, orientano sempre di più la figura del leader da “controller” a “enabler” ovvero colui che controlla versus colui che permette, che da vita ad attività e che conduce quindi processi interni di gestione delle persone, la specificità delle imprese sociali e di quelle socialmente innovative potrebbe diventare un punto di grande interesse nello sviluppo delle persone nelle organizzazioni e di buone pratiche aziendali.

I nuovi leader sono tendenzialmente quelli che:1

1. mantengono un orientamento all'azione, arrivando a risoluzioni in situazioni di crisi;

2. costruiscono gruppi di lavoro, facilitando quindi la trasmissione delle informazioni tra i lavoratori;

3. sviluppano un pensiero critico e analitico, fondamentale per capire la complessità dei sistemi economici e orientare i processi decisionali.

In questo contesto quindi alcune, poche per la verità, pratiche e esperienze delle imprese sociali a livello siciliano e nazionale, possono rappresentare ottimi punti di partenza per una moderna gestione del personale.

Lavorare sempre con budget molto ridotti, avere un vissuto di lavoro nelle comunità dove si ascoltano e si provano a risolvere problemi sociali ma anche economici, orientare il pensiero in modo critico, sono ormai elementi determinanti per i leader delle imprese sociali che possono così diventare elementi fondamentali anche per le tradizionali imprese for profit, soprattutto in questo momento storico particolarmente “fluido” e difficile nel fare impresa.
Infine la motivazione come elemento guida dell'azione dei leader ma anche dei dipendenti.
Le imprese sociali hanno da sempre, in molti casi analizzati, sviluppato un patto tra dipendenti e organizzazione che si nota soprattutto nelle organizzazioni di volontariato e del privato sociale, cooperative e associazioni del territorio.
Un patto fatto di relazioni personali, di senso di appartenenza, di motivazione al lavoro per la comunità e il territorio.
Gli elementi della motivazione diventano quindi anche paradigmi di gestione aziendale quando si sposano con i temi del vantaggio competitivo: l'azienda tradizionale, benché orientata al profitto, agisce infatti in un contesto umano e di relazioni e da questo si alimenta.
Inserire quindi questi temi nelle prassi aziendali, tipicamente la Responsabilità sociale d’impresa, determina un vantaggio competitivo sempre più visibile e determinabile, anche in relazione all'impatto sociale.
Le aziende quindi che sposano questi paradigmi, avranno un indubbio vantaggio economico e sistemico, risultando più interessanti anche per i dipendenti attuali e prospettici, attirando nuovi talenti e promuovendo un clima interno migliore che possa facilitare le relazioni e la gestione del personale.

Una possibile risposta per lo sviluppo delle imprese sociali in Sicilia: il distretto produttivo

La letteratura scientifica degli ultimi decenni ha indagato ampiamente, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista sociologico, i distretti industriali.
Il modello produttivo del distretto industriale in realtà rappresenta un punto di partenza molto interessante in un contesto come quello siciliano in cui le competenze, le esperienze, le attività di molti attori locali sono polverizzate e non formalizzate, rendendo quindi molto difficile uno sviluppo organico e sistemico del territorio.
Il distretto contiene infatti in se gli elementi sostanziali per provare a fare il salto organizzativo e produttivo a molte imprese sociali e socialmente innovative.
Il distretto sviluppa innanzitutto il modello di rete, anch'esso ormai ampiamente analizzato e studiato, che porta grandi vantaggi, competitivi e sistemici, agli attori del territorio che riescono a produrre beni, merci, servizi in un contesto in cui essi stessi agiscono come facilitatori dello sviluppo.
Un modello a rete fatto di competenze, di relazioni, di visioni comuni, ma anche di esternalità, di centri di ricerca e di enti pubblici che accompagnano consapevolmente i processi di crescita endogena ed esogena.
Il distretto nasce poi intorno all'esperienza di un “campione” che diventa il portavoce o il leader in seguito al riconoscimento esplicito del ruolo dello stesso nello sviluppo qualitativo e quantitativo di alcune produzioni primarie del distretto stesso.
Nel contesto siciliano si potrebbe, non senza difficoltà, immaginare di rafforzare innanzitutto il processo di crescita sistemica in rete.
La rete non è banalmente il collegamento tra soggetti diversi che operano nella stessa filiera o settore produttivo, ma un processo progressivo di allineamento delle visioni differenti, delle competenze, delle conoscenze sedimentate e sviluppate nel corso di decenni di lavoro su tutto il territorio regionale.
Serve un processo guidato, non privo di insidie e fatto di tanto lavoro comune, di messa a fattore comune di esperienze che possono poi diventare un modello di business, di accoglienza, di filiera associativa e produttiva.
Un processo non tanto e non solo ispirato dall'esterno ma proposto tra e con gli attori locali, facilitato esternamente ma anche internamente, programmato con anticipo e scrupolo, modellizzato in ogni sua fase e presentato come tale ai portatori di interesse che potranno poi essere invitati ad aderire.

Conclusioni

Il modulo introduttivo ha iniziato a tratteggiare il modello di business, gli attori primari, le esperienze necessarie a sviluppare e rafforzare il lavoro delle imprese socialmente innovative e delle imprese sociali.
Il percorso guidato dei prossimi moduli servirà a rafforzare le competenze necessarie a questi processi che normalmente sono realizzabili nel medio-lungo periodo con un patto ampio e condiviso sul territorio.
Il territorio stesso dovrebbe quindi essere sviluppato immaginando percorsi strutturati di discussione, formazione, confronto e analisi che i “corpi intermedi” siciliani potrebbero, ad esempio, realizzare in stretta collaborazione con gli Enti Pubblici, i Centri di ricerca e le Università.
Come accennato sopra questa potrebbe essere una delle possibili strade, non l'unica certamente, ma una delle più “sostenibili”.